Quando il grano maturò. Storie di gente r-esistente

CUNTATERRA

QUANDO IL GRANO MATURÒ
Storie di gente r-esistente

drammaturgia Marcello Sacerdote e Laura Curino
regia Laura Curino
con Marcello Sacerdote
assistenza drammaturgica Giulia Ferrante
musiche e regia del suono Vorinc
consulenza storica e archivistica Nicola Palombaro
illustrazione Chiara Scarpone
progetto grafico Chiara Galizia
direzione progetto Chiara Spina
materiale di scena Alìbi e Gianni “Mad” Colangelo
produzione Cuntaterra

 

CAMBA C’ARECURDË!
E se non mi ricordo?
E se non ti ricordi canta!
E se non so cantà?
E se non sai cantà arëcòndë!
E se non mi ricordo?
Tu racconta che ti viene a mente.

Quando il grano maturò. Storie di gente r-esistente è uno spettacolo di narrazione teatrale sul tema della Resistenza Umanitaria durante il periodo della Seconda Guerra Mondiale in Abruzzo. Un intreccio di memorie e racconti, risultato di un lungo lavoro di ricerca sul campo, tra l’analisi di fonti storiche e interviste realizzate con i testimoni del passato.
Quando il grano maturò racconta questo particolare tipo di Resistenza dal punto di vista della gente comune, mettendo in scena la Storia e le storie di donne e uomini che, con azioni tanto eroiche quanto silenziose, espresse il più delle volte in termini di solidarietà indiscriminata e umana fratellanza, hanno contribuito in maniera fondamentale alla lotta di Liberazione del Paese. Una Resistenza che è donna: molti momenti del lavoro sono dedicati a figure femminili che in quel contesto storico furono attive su più fronti. Esperienze significative che desideriamo restituire, celebrando quella che riteniamo essere una testimonianza autentica di pace e di profondo senso civile, da rinnovare nel presente e consegnare alle nuove generazioni.
Quando il grano maturò nasce come un progetto connesso con il territorio e le comunità in tutte le sue fasi, dall’allestimento alla drammaturgia alla distribuzione. Lo spettacolo è stato costruito attraverso un percorso di condivisione costante con il pubblico, tramite momenti di incontro e presentazione, letture di parti del testo, anteprime di studio, che hanno permesso di testare e modellare il processo creativo accogliendo feedback, emozioni e riflessioni critiche. La volontà di approfondire e divulgare questa pagina di storia nasce dal grande amore per il nostro territorio, che fu un vero e proprio laboratorio della Resistenza, per molti versi unico in Italia.

“Ho sentito racconti dell’Italia, dai prigionieri di guerra…gente la cui vita era stata spesso salvata dall’aiuto del tutto disinteressato di famiglie di contadini, che non avevano nessuna particolare ragione per soccorrerli, se non quella della solidarietà umana.”
Heric Hobsbawm

 

Anteprima: Chieti, Teatro Marrucino, 13 giugno 2022.

NOTE DI REGIA

Quando Marcello Sacerdote e la sua compagnia – Cuntaterra – mi hanno proposto di lavorare a “QUANDO IL GRANO MATURÒ” avevo poche informazioni sul loro lavoro, ma ho subito sentito una grande affinità benché la compagnia sia composta da persone molto più giovani di me. Sono un gruppo. Lavorano sul territorio. Si interessano di Storia e di storie. Scrivono, recitano, cantano, creano progetti in cui coinvolgono persone adulte e ragazzi. Esattamente quello che ho fatto io, tanti anni fa, con la mia compagnia: Teatro Settimo. Mi sono specchiata nel loro entusiasmo, nella loro schiettezza, e anche, a volte, nella loro severità.

Ma a farmi accettare appieno la sfida è stato un motivo del tutto sentimentale. Cuntaterra è abruzzese. E anche io lo sono un po’, per parte materna. Mio nonno, che non ho mai conosciuto perché è morto ad appena 42 anni, era abruzzese ed era molto amato nel piccolo paese del Monferrato dove si era trasferito e dove ha conosciuto e sposato la nonna, più grande di lui. La nonna lo ha amato così tanto, da non voler più nessun altro uomo dopo che lui è mancato. Nonno era apprezzato per l’allegria, la generosità, l’amore del convivio (aveva una piccola trattoria in una delle stanze di casa, dove spesso si dimenticava di far pagare la gente che sapeva in difficoltà). Era coraggioso e lo dimostrò rifiutando la famigerata “tessera”. Si sottraeva alle manifestazioni fasciste e durante la guerra, quando proprio in paese si insediò un comando tedesco, anche se era obbligato a servire al tavolo i soldati nazisti, poi usciva in bicicletta, a notte fonda, per portare cibo ai partigiani. Nonostante il pericolo che correva, sempre di notte, attaccò il cavallo al carretto e con il povero padre di uno dei ragazzi impiccati ad Alessandria, andò a recuperare il corpo e lo nascose sotto la paglia, per poi riportarlo al suo paese, dove fu seppellito. Ed è solo uno dei tanti episodi che mi hanno raccontato. Nonno era povero, ma trovava sempre il modo di aiutare. E di ridere. “Ridete, ridete, moglie mia!” diceva alla nonna, che, per dirla tutta, era quella che riusciva a far quadrare i conti tenendo a bada la sua immensa generosità.

Ho lavorato a questo spettacolo per ritrovarlo. E Marcello Sacerdote, col suo gruppo, è riuscito ad immergermi in terra d’Abruzzo con le voci, gli accenti, le costruzioni della lingua, i nomi dei luoghi, i profumi, i sapori, le persone, le storie.

Storie di resistenza, storie della Resistenza. Storie che oggi è più che mai importante raccontare.

Le vicende di cui Marcello Sacerdote voleva parlare erano tante e gli ho subito chiesto di verificarne con attenzione le fonti, perché il teatro sarà anche invenzione, ma quando arriva alla Storia non può eludere la precisione. Ho scoperto così la fittissima rete di archivi, docenti e testimoni che costituiscono le fondamenta della ricerca di Cuntaterra. Persone preziose ci hanno permesso di rendere chiaro e ben tracciato il limite tra verità ed invenzione.

Poi è arrivato un momento in cui le storie sono diventate troppe, ma capivo l’imbarazzo di Marcello al momento di scegliere quali raccontare e quali no. Il teatro ha la meravigliosa qualità di riportare in vita coloro di cui racconta. Ma è difficile far rivivere solo alcuni e ad altri negare la resurrezione sulla scena. Pare ingiusto. Ogni luogo ha i suoi santi e i suoi martiri. Ogni luogo ha la sua commedia e la sua tragedia. Abbiamo scelto così una struttura testuale che, se pure ben definita nella quasi totalità, permette di avere delle finestre aperte su alcuni episodi accaduti proprio nei luoghi dove di volta in volta lo spettacolo viene rappresentato. Marcello apre quelle finestre su fatti e personaggi in cui il pubblico di quel paese o di quella città può riconoscersi, pur restando intatta la linea narrativa del testo.

Abbiamo posto molta attenzione alla ricerca di parole precise, alcune antiche, altre di provenienza più recente. Ci sono citazioni dichiarate ed altre nascoste, presenti come ricordi lontani.

La messa in scena è volutamente semplice. Una sedia impagliata con quel che resta del grano maturo, le luci strettamente necessarie rispetto allo spazio. Le musiche sono state scelte insieme al musicista e tecnico di compagnia. In questo modo Marcello Sacerdote può portare lo spettacolo, sia nelle piccole sale, sia nei grandi teatri, sia negli spazi all’aperto, sia nelle scuole.

La recitazione risuona di accenti dialettali alternati all’italiano. I personaggi, che qui (non dimentichiamolo) sono persone vere, vengono disegnati rispettandone la cifra comica o tragica e portano sulle spalle il loro carico d’amore, di passione, di consapevolezza e, a volte, di ingenuità. Altre volte ancora ci sono figure che si coprono di vergogna e crudeltà.

L’attore deve dedicare tutto se stesso a tutti i personaggi che interpreta, anche ai più detestabili. Ci riesce grazie alla sua preparazione tecnica, ma anche in virtù della passione per quel misterioso legame che si crea col pubblico durante lo spettacolo. Senza il pubblico l’attore non esiste. E viceversa. Non bisogna mai dimenticarsene.

Ringrazio in particolare le persone, singoli cittadini, che con il loro sostegno, anche economico, hanno consentito a quest’opera di essere prodotta in forma autonoma ed indipendente.

Concludo ringraziando Cuntaterra e tutti i suoi collaboratori e tutti coloro che hanno fatto si che questo spettacolo andasse in scena con questo testo ed in questa forma, ogni volta accolto con calore e partecipazione superiore ad ogni aspettativa. Forse proprio perché, anche se in scena c’è un solo attore, attraverso di lui ascoltiamo le molteplici voci di un momento cruciale della Storia di tutti.

Laura Curino, 18 febbraio 2024